giovedì 28 aprile 2011

Ida Lupino - HBOTM March 2011

MARZO - APRILE 2011: IDA LUPINO


Ida Lupino è stata una delle più stupefacenti figure dello showbusiness hollywoodiano. Non è semplicemente una delle tante femme fatale che hanno interpretato la stagione d’oro del cinema poliziesco americano, Ida è stata una delle prime donne filmakers ad imporsi in un mondo tenacemente maschile. Accanto ad Humprey Bogart, in capolavori del genere come “Strada maestra” e “Una pallottola per Roy”, riusciva non solo a tenergli testa, ma addirittura ad oscurarlo. Come regista, poi, ha diretto film rivoluzionari, affrontando temi preclusi anche agli uomini, come lo stupro, la bigamia e la malattia, firmando pellicole tanto importanti quanto sconosciute. Dagli anni sessanta si dedicherà quasi esclusivamente alla tv, dirigendo serial come Vita da strega, Ai confini della realtà e Alfred Hitchcock presenta.
Ida Lupino è stata femmista molto prima che il movimento femminista nascesse, forse per questo la sua stella ha sempre brillato nell’ombra. Buio in sala…brilla la stella nera!

Moontide, Archie Mayo 1942
Ida Lupino nasce a Londra il 4 febbraio del 1918 – data da prendersi con le molle perché la stessa Ida dichiarerà in più occasioni date contraddittorie (1914 o 1918, al bisogno!). Suo padre, Stanley Lupino, è un noto commediografo e attore, sua madre, Connie Emerald, anche lei attrice. La famiglia Lupino vanta origini italiane, bolognesi per l’esattezza, e si vocifera di un antenato che, per motivi politici, si rifugiò a fare il burattinaio in Inghilterra nel XVII sec. Di sicuro c’è che, Ida e sua sorella, cominciano da bambine a scrivere sketch e recitarli nel piccolo teatro che papà Stanley ha costruito per loro nel giardino di casa. La vita a Londra procede, dunque, nel segno dell’arte e Ida segue gli studi alla Royal Accademy of Dramatic Art. Il passaggio dal teatro al cinema avviene in modo casuale quando Ida, quattordicenne, accompagna la madre ad un provino e viene scelta per la parte al posto suo. Riscosso un discreto successo, interpreta altre 5 pellicole in Inghilterra, fino a che la Paramount nel 1934 la chiama ad Hollywood per il ruolo da protagonista in Alice nel paese delle meraviglie. Ida ha sempre dimostrato un aspetto più maturo della sua età e, arrivata in america, il progetto di Alice viene accantonato dalla Paramount, che la propone, invece, per parti minori in piccoli drama. In Sogno di un prigioniero, film atipico di Henry Hataway, recita accanto a Gary Cooper. La pellcola, adorata dai surrealisti – Buñuel lo riteneva uno dei 10 film migliori al mondo – è il primo film di una certa importanza e che le da una qualche visibilità.

Non contenta della piega che sta prendendo la sua carriera, Ida lascia la Paramount per fimare un contratto con la Warner Brothers. Leggenda vuole che, per ottenere un ruolo nel suo primo film di successo - La luce che si spense (1939) - Ida ruba la sceneggiatura, impara la parte nottetempo e il giorno seguente piomba in ufficio del regista William A. Wellman costringendolo a farle un'audizione!Il protagonista del film non voleva la Lupino come compagna, preferendole Vivian Leigh, ma Ida impressionò talmente tanto non solo lui , facendolo ricredere, ma anche la critica che, come ha scritto Mary G. Hurd nel manuale Woman Directors: “introduced Lupino’s signature acting style which emerged as a cynical outwardly tough persona” (presenta la cifra di stile della recitazione della Lupino, che si manifesta come un personaggio esteriormente cinico e coriaceo).
 
High Sierra, Raoul Walsh 1941
Di lì a poco nascerà il sodalizio con Raoul Walsh, che già l’aveva diretta in una commedia brillante ai tempi della Paramount, con cui interpreta due notevoli gangster-movie a fianco di Humprey Bogart (Strada Maestra 1940 e Una pallottola per Roy 1941). In quel periodo Bogart è alla ricerca di una sua immagine,  non è ancora Bogey il divo, tanto che sui carttelloni il suo nome viene dopo quello della Lupino. Sarà proprio l’interpretazione del gangster Roy Earle a lanciarlo come icona del genere noir. Ancora una volta Ida si trova a fare la spalla in ruoli stereotipati (la donna del boss, cinica, spregiudicata e senza scrupoli), tanto da guadagnarsi il nomignolo di “Bette Davis dei poveri”. E con Bette Davis ha davvero molte cose in comune, come l’intelligenza e la caparbietà, tanto che, insofferente di questa situazione lascia anche la Warner, nel 1947.
In queto periodo di pausa forzata, invece di partire per un lungo viaggio in Europa o a New York, come avrebbero fatto tutti i suoi colleghi, Ida si mette a girottolare per i set e comincia ad osservare i maschi dirigere, imparando i primi rudimenti della tecnica registica.
 
Nel 1948 Ida Lupino ottiene la cittadinanza statunitense e sposa il suo secondo marito, Collier Young, assistente di Harry Cohn alla Columbia.
 
Ida Lupino behind the camera
Nel 1949 fonda, insieme al marito Young, la sua casa di produzione indipendente, la Emerald Production (in onore della madre Connie) che nel 1950 diventerà The Filmaker.
D’ora in poi la musica cambia. Ida Lupino diventa la prima donna ad Hollywood ad essere produttrice, sceneggiatrice, regista e attrice della sua casa di produzione, ma la cosa più importante è che i film prodotti dalla Emerald/Filmaker saranno dei veri e propri “scandali” per il mercato della mecca del cinema. Non solo l’essere indipendente nella produzione, ma soprattutto nell’idea di fare cinema: attori ignoti contro lo star-system (che, anche se in declino, era ancora la regola ad Hollywood), soggetti tratti dalla vita reale con specifico interesse sociale - gravidanze indesiderate, malattia, stupro - e una particolare attenzione a personaggi femminili inediti. Una "bomba atomica", anche perchè la critica accoglie con favore e simpatia le pellicole. Sembrerebbe la nascita di una politica dell'autore (o meglio, dell’autrice!) ad Hollywood 10/15 anni prima della rivoluzione europea della nouvelle vague o del new american cinema degli anni '60...

L'idea di partenza del ruolo di Ida alla Emerald/Filmakers non è certo quello di regista, ma caso vuole che sul set della prima produzione - Not wanted, la storia di una gravidanza indesiderata scritta dalla stessa Lupino - il regista Elmer Clifton ha un attacco di cuore il terzo giorno di riprese. Ida prende immediatamente in mano la situazione e, nonostante non firmi il film come regista, il suo sguardo dietro la macchina da presa si fa sentire e, soprattutto, il Rubicone è stato attraversato: la dura, cinica e volitiva diva noir diventa "the mother", la regista che Hollywood non aveva ancora conosciuto, una donna dietro la macchina da presa, la regina del B-movie!!

Nel giro di pochi anni Ida Lupino dirige sei pellicole, tutte da soggetti originali suoi e del marito Colier Young. Il tratto distintivo è subito chiaro: scelta di soggetti scabrosi e taboo per  l'epoca, ritratti di personaggi molto lontani dal glamour hollywoodiano come commesse, impiegate, ballerine sfortunate o lavoratori di distributori di benzina unito a scelte registiche coraggiose che spesso sopperiscono alla mancanza di mezzi e alla tecnica degli attori. La macchina da presa di Ida indugia sul lato umano, non in modo patetico o moralista, ma in maniera quasi sociologica. Il suo non è un cinema di denuncia, ma, sicuramente, un nuovo modo di interpretare il melodramma, portandolo per la strada, nelle casette di provincia. Nonostante il ruolo di Ida Lupino e della Filmakers sia poco riconosciuto, io credo che la sua influenza, anche se involontaria, o almeno dichiarata tale, per certi versi, sia molto evidente e imprescindibile per lo sviluppo di una coscienza autoriale nel panorama del cinema indipendente americano, sicuramente ad Hollywood (storia diversa è la scena della costa est dove il cinema è sempre stato visto, anche, come un prodotto sperimentale ed artistico).

Ida "the mother" directing
C'è  da chiedersi, inoltre, se questa inconsapevolezza dichiarata del proprio ruolo  sia anche imputabile al fatto di dover sopravvivere in un mondo-mercato gestito esclusivamente da maschi-maschilisti, molto gerarchizzato e con ruoli bloccati, e dunque quanto questa "modestia" sia stata "pura autodifesa"? Quindi, l'accusa da parte di una certa critica femminista "dura e pura" mossa al cinema della Lupino di essere sostanzialmente solo superficialmente pro-feminnile e non-femminista, secondo me, decade nel momento in cui diventiamo consapevoli dell'enorme sforzo fatto per produrre quei film in quel momento e in quel luogo! Anche se Ida Lupino non ha mai rinunciato al suo ruolo di donna-diva assegnatoli dallo star-system e sul set si sia sempre comportata come una brava mamma americana (voleva essere chiamata "the mother" dai suoi collaboratori!), quasi a marcare il fatto di essere un'ospite riconoscente in un mondo maschile, il suo sguardo dietro la macchina da presa è, senza dubbio, rivoluzionario ed alternativo, uno sguardo di genere, dove genere è inteso come gender sessuale. Outrage e The Hitch Hiker sono, secondo me, due film che solo una donna, consapevole del suo ruolo e del suo gender appunto, poteva fare. Mai un uomo potrà essere così crudele, duro e dolce allo stesso tempo..

OUTRAGE - 1950
La conferma che, con la nascita della Filmaker Production, sia nata la prima cineasta donna della storia di Hollywood è da ricercarsi in alcune sequenze di Outrage (La preda della belva) del 1950.
Il film è citato nel documentario A Personal Journey with Martin Scorsese Through American Movies (1995) come esemplare del genere noir, eppure il film non tratta nessuno dei temi classici come omicidio, gangsters, rapine in banca, vite criminali o di balordi emarginati e violenti, ma è la storia di uno stupro e del difficile recupero dei danni psicologici e sociali da esso provocati alla vittima.

La giovane Ann Walton accetta di fare un turno di straordinario a lavoro per guadagnare dei soldi in più in vista del suo prossimo matrimonio. Uscita da sola dall’ufficio, viene seguita e stuprata dall’ambulante che tiene lo snack bar proprio lì di fronte e che più volte ha tentato, senza successo, di flirtare con lei. Superato il trauma e incapace di dare un volto al suo aggressore, Ann cerca di tornare alla vita normale, ma un’ombra incombe su di lei: colleghi, famiglia e comunità locale, con il comportamento “irrigidito” nei suoi confronti, la fanno precipitare in uno stato di profonda depressione. Un giorno Ann sale su un autobus e abbandona tutto, rifugiandosi in una fattoria dove si producono arance. Lì trova una famiglia che la accoglie e le da lavoro nell’azienda e un buon pastore che l’aiuta nel suo percorso di rinascita. La ferita, però, non è così semplice da curare e presto la situazione precipiterà di nuovo.

Ida Lupino riesce a cogliere l’essenza tipica del racconto noir nelle scelte del punto di vista per indagare le turbe della psiche del personaggio, moltiplicando e complicando i caratteri standardizzati di vittima e carnefice. Non è soltanto lo stupratore a far violenza su Ann, ma soprattutto la comunità e il suo sistema di valori che la stessa Ann condivide e di cui è la prima vittima non riuscendo ad affrancarvisi. Il riscatto non esiste, la fuga e l’illusione di rifarsi una vita sopprimendo rabbia, rancore e vergogna non potranno avere successo. 
La sequenza dell’inseguimento dello stupratore nel parcheggio dei camion è agghiacciante perché è semplicemente crudele, senza fronzoli spettacolari: solo una donna poteva rendere così palpabile il terrore di Ann e il morboso desiderio del suo stupratore. L’illuminazione e la messa in scena, con le ombre allungate e le angolazioni eccentriche, è quella tipica imposta dal formalismo del genere, ma è unita alla scelta anticonvenzionale di non usare musica extradiegetica a scandire la progressione della tensione fino al suo climax.  Scelta coraggiosa e del tutto centrata che lascia descrivere tutta la drammaticità della scena ai rumori nel buio: i passi, i respiri affannosi, fino al paralizzante strillo del clacson, sulla quale Ann sbatte la testa dopo la violenza. Scelta perfetta ma che non sarebbe mai stata accettata dal produttore di uno studio major, così come l’assenza dell’obbligatorio "Happy ending", che non solo è eliminato, ma il film suggerisce addirittura un finale aperto, taboo assoluto per il racconto classico lineare che Hollywood imponeva ai suoi sceneggiatori.

THE HITCH HIKER. 1953 
William Talmant è lo psichopatico Emmett Myers
Mi preme parlare di un'altro film diretto da Ida Lupino. In realtà è il più conosciuto ed  è infatti quello che me la fece scoprire una notte in tv. Fui colpito da due cose di questo film, dal fatto che a dirigerlo fosse una donna, con un nome che si ricorda facilmente anche per l'assonanza italiana, e dalla terrificante figura del maniaco omicida, carica di una sottile perversione molto contemporanea e di una malvagità inusuale per i tempi. La prima cosa che pensai fu che "solo una donna avrebbe potuto costruire e dirigere un personaggio così terribile". Non so perchè, ma gli occhi di William Talman/Emmett Myers hanno qualcosa di realmente agghiacciante, malato. The Hitch Hiker è uno di quei film che ti tengono incollato alla poltrona, sapete quando a volte capita di aver voglia di rivedere la scena iniziale di un DVD e, una volta messo, non riuscite a staccarvi fino alla fine? Ecco, The Hitch Hiker a me fa questo effetto. La storia è semplice, un classico direi: un omicida in fuga rapisce due uomini per servirsi di loro e della loro auto per attraversare il confine con il Messico. Durante il tragitto succede quello che deve succedere: prima la sorpresa e il terrore, poi il tentativo di sfuggire al maniaco ingannandolo, infine la tensione/competizione che sfocia tra le due vittime e che esalta il sadismo dominatore del sequestratore. Ecco, il punto sta proprio qui, Emmett Myers è un personaggio sadico che, non solo si serve delle sue vittime per portare a termine il suo progetto di fuga, ma gioca con loro, come il gatto con il topo. E' questa caratteristica che rende il film incredibilmente avanti per il tempo in cui fu girato, non ricordo un personaggio così in altre pellicole dell'epoca, anticipa in un certo senso Psycho e tutti gli slasher anni '70.  

Ida Lupino sul set di The Hitch Hiker, 1953
Ida Lupino usa ancora una volta il genere, quindi, per indagare la psiche, stavolta quella malata di un vero sadico assassino, ma anche quella degli uomini comuni, con tutto il loro bagaglio di egoismo, vigliaccheria che si trasformano in stupida lotta per la sopravvivenza nel nome dell'infame mors tua vita mea. Il film non è considerato tra i più riusciti della regista, ma sicuramente è l'unico che di lei si conosce in iIalia, anche se ancora oggi non è stato pubblicato. Credo che ai tempi uscì nelle sale, perchè esiste un titolo italiano - La belva dell'autostrada - e probabilmente esiste anche una copia doppiata in italiano, ma non sono mai riuscito ad averne notizia. The Hitch Hiker ha assunto comunque lo status di cult movie in america, è stato indubbiamente l'ispirazione per il film The Hitcher - La lunga strada della paura del 1986 ed inoltre il nome che John Carpenter ha scelto per il suo maniaco nella serie Halloween - Michael Myers - è un palese tributo alla pellicola.
Ida Lupino ha diretto in tutto sei lungometraggi (sette se consideriamo Not Wanted una sua regia) prima di continuare la sua carriera con altrettanta tenacia e forza innovativa nelle produzioni delle serie televisive. Come attrice è da ricordare, insieme all'ultimo marito Howard Duff, nella sit-com Mr Adam & Eve, pionieristica serie a metà strada tra reality e Casa Vianello (ma siamo nel 1957!) e come regista in Twilight Zone (Ai confini della realtà), Bewitched (Vita da strega) e Alfred Hitchock presents.


Inutile dire che il MOMA di New York gli ha dedicato una personale celebrativa dal titolo affettuoso - Mother's direct - poco tempo fa' (settembre 2010) e, come di solito succede per tutte le cose veramente degne di attenzione, magari fra vent'anni anche da noi si accorgeranno di questa grandiosa protagonista della storia del cinema. In conclusione mi piace citare una frase che scrisse l'amico Amos Poe a proposito di Ida Lupino per la rassegna che curammo a Pisa qualche anno fa': "I believe she's one of the most under-exposed, under-rated, real cinegenic heroines of motion pictures. Her melodramas both as an actress and writer-director are emotionally direct, viscerally specific and real. I admire her economy of image. She's an auteur of the first rank and her pictures, tough and tender, an inspiration today as yesterday."
...eeehhh STOP!

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