MAGGIO 2011: EDGAR G. ULMER
EDGAR G. ULMER, IL RE SULLA POVERTY ROW
Edgar G. Ulmer è conosciuto dai cinefili più spregiudicati per l’horror The Black cat, dove compaiono, per la prima volta insieme, i due mostri sacri Bela Lugosi e Boris Karloff e per un noir del 1945 dal titolo Detour, film al quale Jean Luc Godard ha reso omaggio 40 anni dopo con il suo Detective. La maggior parte degli altri film da lui diretti è rimasta per lo più sconosciuta (a parte qualche rara eccezione come Il dominatore di Wall street o Bluebeard), vuoi per la disattenzione di certa critica "alta", anche americana, vuoi per i metodi produttivi e distributivi low budget che hanno reso praticamente introvabili copie e negativi immediatamente dopo l’uscita nelle sale - molti titoli della sua filmografia sono ormai orphan film, pellicole di cui nessuno ha mantenuto i diritti e i cui negativi sono andati persi in chissà quale magazzino.
A rivalutarlo ci pensarono i francesi che ruotavano intorno alla redazione dei Chaiers Du Cinema e in particolar modo Francois Truffaut, con un articolo apparso nel 1956, è stato colui che lo ha sottratto all'oblio. La critica americana farà più fatica a riconoscergli lo status di autore e dobbiamo attendere la lunga intervista di Peter Bogdanovich, pubblicata postuma nel 1974, perchè si cominci a rendergli giustizia.
A rivalutarlo ci pensarono i francesi che ruotavano intorno alla redazione dei Chaiers Du Cinema e in particolar modo Francois Truffaut, con un articolo apparso nel 1956, è stato colui che lo ha sottratto all'oblio. La critica americana farà più fatica a riconoscergli lo status di autore e dobbiamo attendere la lunga intervista di Peter Bogdanovich, pubblicata postuma nel 1974, perchè si cominci a rendergli giustizia.
Boris Karloff, The Black Cat - 1934 |
Da qualche anno l’attenzione intorno a questa figura singolare e interessantissima si è riaccesa (da ricordare la retrospettiva curata da Emanuela Martini nel 1989 al prestigioso Bergamo Film Meeting) e, con un po’ di fatica, si riescono anche a recuperare alcuni dei suoi film. Dagli esordi per la Universal, all’esilio newyorkese, fino al ritorno a Hollywood con gli studios indipendenti della Poverty Row, il cammino frastagliato di Edgar G. Ulmer è sempre stato coerente alla sua idea di fare cinema. Un duro e puro lo definirebbe qualcuno, noi sul nostro pianeta preferiamo chiamare queste creature "illuminati". Ed Ulmer è stato un perfetto illuminato, maestro della produzione in economia e della trovata geniale, sostenitore del cinema diretto (sulla scia dei grandi documentaristi russi, coetaneo dei neorealisti italiani e anticipatore della stagione del new cinema!) e allo stesso tempo capace di imbastire storie "nere" e torbide al limite dalla fantasmagoria, ma anche a suo agio con il colore, la commedia, il musical e il western. Un eclettico intransigente! D'altra parte che cosa volete aspettarvi da un'unità carbonio nata in Cecoslovacchia, cresciuta a Vienna, maturata a Berlino ed emigrata negli Usa?! Come avrete capito...un essere umano a cui è doveroso dedicare più spazio!!
Come suggerisce con una certa malizia Emanuela Martini, nell'introduzione alla raccolta di saggi da lei curata per la personale di Edgar G. Ulmer del Bergamo Film Meeting del 1989, tutta la storia del regista austriaco può essere letta come un incessante susseguirsi di deviazioni-detour. Primogenito di quattro figli, Edgar nasce a Olumuz, nell'attuale Repubblica Cieca, nella residenza estiva dei genitori, residenti a Vienna, il 17 settembre del 1902. Rimasto orfano del padre, morto di malattia mentre prestava servizio militare durante la prima guerra mondiale, il giovane Ulmer viene preso in carico dalla comunità ebraica, a cui il defunto padre apparteneva, e trova rifugio fino alla fine del conflitto in Svezia. Tornato a Vienna viene ospitato dalla famiglia di un compagnio di scuola, Schildkraut, ed è qui che avrà il primo contatto con il mestiere del cinema. Nel 1918, infatti, nel suo curriculum si legge: designer per la Decla-Bioscope, che nel 1921 diventerà UFA.
Nel frattempo studia architettura alll'Accademia delle Arti e delle Scienze di Vienna ed inizia a lavorare come scenografo in teatro con la compagnia di Max Reinhardt nel periodo 1919-1922. Di lì a poco avviene il passaggio alla produzione cinematografica, passaggio o meglio deviazione, seguendo il nostro ragionamento, anche perchè i fatti raccontati da Ulmer riguardanti questo periodo sono molto ambigui. Dice di aver collaborato alle scenografie di Der Golem di Paul Wegener (ipotesi ormai accreditata, anche se mai verificata puntualmente) in qualità di direttore artistico (in realtà lui dice che il suo compito era di tagliare i mascherini della macchina da presa), di aver partecipato alla produzione de Il gabinetto del Dr. Caligari di Robert Wiene, di esser stato collaboratore di Fritz Lang (categoricamente smentito dal cineasta tedesco) e di Friedrich W. Murnau.
La collaborazione con Murnau c'è stata sicuramente, anche perchè Edgar
lo segue pochi anni dopo, nel 1926, in America, per assisterlo alla
regia del capolavoro Aurora, del 1927, prodotto dalla 20th Century Fox, vincitore di 2 premi Oscar e, qualche anno dopo per partecipare alla produzione di Tabù, nel 1931, ultima pellicola del maestro tedesco, progetto nato in collaborazione con il pioniere/documentarista Robert J. Flaherty.
Sempre dal curriculum pubblicato dal sito film reference si legge che nel 1923 era già in America come designer per la Universal a New York e che sia tornato una prima volta a Berlino per assistere Murnau nel 1924. Tornato a Berlino - una seconda volta? - nel 1929, firma la sua prima regia in un film collettivo insieme a Curt Siodmak, Robert Siodmak, Fred Zinnemann con la sceneggiatura di Billy Wilder: Menschemm am sonntag - Uomini di domenica, uscito nel 1930. Trattasi di un documentario che prende in esame le abitudini nel giorno di riposo di alcuni personaggi berlinesi e di come amino passare la domenica nei boschi intorno alla città. In questa pellicola Ulmer anticipa la sua inclinazione e talento per il documentarismo, che gli tornerà molto utile negli anni a seguire negli States, e che manifesterà ogni qual volta si cimenterà con soggetti di forte connotazione sociale e realistica. La strada sembrerebbe spianata dunque, invece una nuova deviazione attende Edgar G. Ulmer.
Dal 1925, si legge ancora su film reference, Ulmer è entrato in forze alla Universal come art director e assistente di produzione, così come è accreditato tra gli art director della MGM e stage designer per la Philadelphia Grand Opera dal 1930 al 1933. Di nuovo in America, dunque, all'inizio degli anni '30 dirigerà il suo primo film nel 1933, Mr Broadway, ritenuto perso e lo stesso anno il melò a tema educativo Damaged Lives. Il film fu prodotto dalla Columbia Pictures per un programma di educational-film contro la diffusione delle malattie veneree. La pellicola tratta, con il tono moralistico-apocalittico tipico dei film del genere di quegli anni, il problema della sifilide, descrivendo come la debolezza di un momento può gettare nel dramma anche i ragazzi per bene e che, soprattutto, se si pecca al di fuori del matrimonio la disgrazia è sicura. Nonostante le rigide regole imposte dalla didascalicità del genere, Ulmer riesce a produrre un ingenuo film molto gradevole e dal tocco volutamente esasperato, che già preannuncia il sottile gusto morboso che caratterizzerà il film successivo. In tutto questo periodo di, chiamiamolo, praticantato, Ulmer dirige sotto falso nome una quantità incalcolabile di filmetti western. Come lui stesso racconta nella lunga intervista rilasciata a Peter Bogdanovich ("Edgar G. Ulmer: an interview" Film Culture, n.58-60, 1974), in quegli anni (1920-1930) un po' tutti i registi dirigevano d'ufficio dei film d'azione western dalle trame molto standardizzate e con troupe e attori a scartamento ridotto...insomma, nelle pause tra una produzione e l'altra si "faceva ciccia" con un po' di cavalli, pupe, saloon e pistoleri, firmando le pellicole con pseudonimi per un banale senso del pudore artistico.
Nel 1934 Edgar G. Ulmer dirige per la Universal il primo film con la coppia di mostri più famosa del momento, Bela Lugosi e Boris Karloff: The Black Cat. I titoli di testa attribuiscono il soggetto ad un trattamento del racconto di Edgar Allan Poe, in realtà il film si discosta ampiamente dalla storia del grande romanziere gotico per sondare un terreno allora in via di sperimentazione, quello della psicanalisi, dell'inconscio e dei meccanismi della persuasione occulta. Più ispirato alla figura del mago Aleister Crowley dunque, che alla letteratura orrorifica classica. Il film è campione di incassi nell'anno di uscita e mette d'accordo pubblico e critica, ma sarà il primo ed unico film che Ulmer dirige per una major!! La deviazione, di cui parlavamo poco sopra, infatti arriva proprio sul set di The Black Cat: la segretaria di produzione è una certa Shirley Castle, che oltre ad essere una collaboratrice di Edgar è anche la sposa del nipote del grande capo dello Studios, Carl Laemmle; nonostante questo, Edgar e Shirley hanno una relazione e lei decide di divorziare dal rampollo della Universal per ri-sposarsi con lui... Beh, capirete bene che questo affronto al tycoon Laemmle non deve esser andato giù molto bene e la reazione non tarda ad arrivare: la coppia, infatti, in men che non si dica è bandita da tutti gli studios di Hollywood e deve riparare sulla east coast in gran fretta!!
Come suggerisce con una certa malizia Emanuela Martini, nell'introduzione alla raccolta di saggi da lei curata per la personale di Edgar G. Ulmer del Bergamo Film Meeting del 1989, tutta la storia del regista austriaco può essere letta come un incessante susseguirsi di deviazioni-detour. Primogenito di quattro figli, Edgar nasce a Olumuz, nell'attuale Repubblica Cieca, nella residenza estiva dei genitori, residenti a Vienna, il 17 settembre del 1902. Rimasto orfano del padre, morto di malattia mentre prestava servizio militare durante la prima guerra mondiale, il giovane Ulmer viene preso in carico dalla comunità ebraica, a cui il defunto padre apparteneva, e trova rifugio fino alla fine del conflitto in Svezia. Tornato a Vienna viene ospitato dalla famiglia di un compagnio di scuola, Schildkraut, ed è qui che avrà il primo contatto con il mestiere del cinema. Nel 1918, infatti, nel suo curriculum si legge: designer per la Decla-Bioscope, che nel 1921 diventerà UFA.
Nel frattempo studia architettura alll'Accademia delle Arti e delle Scienze di Vienna ed inizia a lavorare come scenografo in teatro con la compagnia di Max Reinhardt nel periodo 1919-1922. Di lì a poco avviene il passaggio alla produzione cinematografica, passaggio o meglio deviazione, seguendo il nostro ragionamento, anche perchè i fatti raccontati da Ulmer riguardanti questo periodo sono molto ambigui. Dice di aver collaborato alle scenografie di Der Golem di Paul Wegener (ipotesi ormai accreditata, anche se mai verificata puntualmente) in qualità di direttore artistico (in realtà lui dice che il suo compito era di tagliare i mascherini della macchina da presa), di aver partecipato alla produzione de Il gabinetto del Dr. Caligari di Robert Wiene, di esser stato collaboratore di Fritz Lang (categoricamente smentito dal cineasta tedesco) e di Friedrich W. Murnau.
Friedrich Wilhelm Murnau sul set |
Sempre dal curriculum pubblicato dal sito film reference si legge che nel 1923 era già in America come designer per la Universal a New York e che sia tornato una prima volta a Berlino per assistere Murnau nel 1924. Tornato a Berlino - una seconda volta? - nel 1929, firma la sua prima regia in un film collettivo insieme a Curt Siodmak, Robert Siodmak, Fred Zinnemann con la sceneggiatura di Billy Wilder: Menschemm am sonntag - Uomini di domenica, uscito nel 1930. Trattasi di un documentario che prende in esame le abitudini nel giorno di riposo di alcuni personaggi berlinesi e di come amino passare la domenica nei boschi intorno alla città. In questa pellicola Ulmer anticipa la sua inclinazione e talento per il documentarismo, che gli tornerà molto utile negli anni a seguire negli States, e che manifesterà ogni qual volta si cimenterà con soggetti di forte connotazione sociale e realistica. La strada sembrerebbe spianata dunque, invece una nuova deviazione attende Edgar G. Ulmer.
Locandina di Damaged Lives per la premiere nel Milwaukee |
Il papà di tutti i mostri, Carl Laemmle |
Il set di The Black Cat. L to R: Bela Lugosi, Jacqueline Wells, Edgar G. Ulmer, Harry Cording and John Mescall |
Trasferitosi a New York con la moglie, Edgar comincia a pensare a come sbarcare il lunario. In quel periodo, a New York City, non esiste ancora una vera e propria industria cinematografica, ma la città è popolata da innumerevoli comunità di immigrati desiderosi di farsi propaganda e produrre cinema per i propri connazionali.
E' in questo ambiente che Ulmer incontra il coreografo-impresario ucraino Vasyl Avramenko, un pazzo entusiasta che intende realizzare un musical-colossal celebrativo sulla grande tradizione del balletto ucraino, dalla piece teatrale di Ivan Kotlyarevsky, Natalka Poltavka, prodotto dal sindacato dei lavavetri di New York! La storia di questa produzione merita di essere letta nel racconto che ne fa lo stesso Ulmer a Peter Bogdanovich: è stupefacente sentire, dalle voce dell'ormai anziano e malato maestro, come un intero villaggio ucraino sia stato ricostruito nel New Jersey da 60 carpentieri in 8 giorni gratis per la causa; come ogni tipo di animale sia stato condotto sul set da ogni angolo degli Stati Uniti d'America dai coltivatori immigrati; come sia stato messo insieme un corpo di ballo di 200 persone, ognuna col suo costume fatto in casa dalle mani esperte delle mamme ucraine e come, alla premiere di New York il 14 febbraio del 1937, sia dovuta intervenire la polizia per disperdere più di quattromila persone rimaste fuori dalla sala dove veniva proiettato il film!
Leggendo ancora la lunga conversazione che Bogdanovich ebbe con Ulmer nel lontano 1967, si riesce ad avere una vaga idea di che genere di avventura sia stata la sua vita "professionale" (le virgolette sono d'obbligo perchè la vita professionale di questi personaggi va intesa come vita tout court).
Dopo aver realizzato Natalka, the girl from Poltavia, che, dopo la visione dei primi disastrosi giornalieri diretti dal produttore-factotum Mr. Bulgakov, Ulmer dirige da solo per intero e, insieme alla moglie Shirley, conduce in porto la produzione, il regista ungherese diventa l'eroe delle minoranze etniche di New York e immediatamente viene ingaggiato per girare alcuni film per la comunità Yiddish (Green fields 1937, The singing blacksmith 1938, The light ahead 1939 e American Matchmaker 1940).
Mi fa piacere ricordare un aneddoto a proposito della realizzazione di uno di questi film yiddish, The Singing Blacksmith: durante i sopralluoghi per le riprese, insieme con i produttori ebrei e il rabbino, Ulmer trova una splendida valle nel New Jersey, tra un campo nudista e uno della lega giovanile nazista; indovinate a chi appartiene questo luogo? Ad un convento di Benedettini!! Ebbene, Ulmer riesce a farsi dare lo spazio per girare il film in lingua ebraica dalla confraternita cattolica, che, non solo appoggia il progetto, ma si offre anche di partecipare alle riprese "...i frati hanno le barbe lunghe, andranno benissimo come comparse"! Ecco, questo è lo spirito che traspare dal racconto di quel periodo buio della carriera del regista, periodo spesso umiliato dalla critica americana che del regista "più maledetto di Hollywood" non ha mai preso in considerazione il periodo "più maledetto". Periodo che invece Ulmer ricorda con affetto, perchè fecondo e traboccante entusiasmo, senza fine di lucro (!), un entusiasmo che la democratica Hollywood aveva definitivamente perso. Sempre a proposito del periodo yiddish, ad esempio, quando il critico del New York Times, Frank Nugent scrisse una critica anti-semita su Green Fields, il giorno dopo la premiere trionfale del film, definendo il protagonista "schlemmiel" (sfigato, sempliciotto), il fatto gli costò il licenziamento in tronco dalla testata, a dimostrazione di quanto questi film fossero ritenuti importanti dagli ebrei newyorkesi.
Tanto importanti che il nome di Edgar G. Ulmer circola ai piani alti e la moglie del presidente Theodore Roosvelt lo contatta per proporgli di dirigere un film educativo contro la diffusione della tubercolosi, per conto della National Tuberculosis Association, da lei sostenuta.
Il titolo della pellicola è Let my people live e il soggetto esamina il tema della diffusione della malattia nella comunità afroamerica. L'obbiettivo della NTA è quello di educare alla prevenzione e alle cure mediche le fasce di popolazione più deboli ed esposte al rischio di contagio, per motivi igienici, di comportamenti promiscui e difficile accesso alle cure sanitarie (per connaturata ritrosia, ma anche per motivi economici). Ulmer, memore dell'esperienza di Damaged lives, dirige questo breve melodramma con meno di 8,000 dollari di budget, utilizzando attori presi dalla strada e inaugurando così quello che lui chiama, con gustosa autoironia, il suo periodo "rosselliniano"! Esaltata dal risultato dell'operazione, (pare che il precedente progetto fosse costato all'associazione ben 300.000 dollari!) l'NTA commissionerà al regista altri 7 film educativi sullo stesso tema (destinati ad altre fasce specifiche come i nativi americani, messicani naturalizzati od i bambini in età scolare). Anche l'esercito troverà in lui un ottimo professionista per dirigere alcuni training-film, diretti ai militari al fronte in europa, come i due cortometraggi del 1943 sul dispositivo montato dai bombarideri USA Turbosupercharger: Master of the skies e Flight operation. Un consiglio spassionato: gran parte di questi film sono visibili e scaricabili da www.archive.org, andate a darci un'occhiata.
L'esperienza fatta sul set di Let my people live condurrà Ulmer a realizzare uno dei suoi film, a mio avviso, più particolari e significativi: Moon over Harlem. Uscito nel 1939, Moon over Harlem è una summa del cinema east-coast ulmeriano; intreccio di generi gangster, melo e musical, la pellicola dipinge, senza stereotipi, la vita della comunità nera di New York negli anni '30. Come in ogni film di questo periodo, la genialità dell'autore emerge a sopperire alle condizioni produttive disastrose, ed in questo caso la necessità di utilizzare attori non professionisti, invece che rappresentare un insormontabile handicap, offre a Ulmer la possibilità di mettere in campo il suo talento documentaristico e al suo occhio sociologico di scovare una realtà inedita, ma assolutamente veritiera. Leggenda vuole che le riprese siano durate appena 4 giorni (invece dei soliti 6!), con due settimane di prove ad Harlem con gli attori di strada e che il budget totale non abbia superato gli 8000 dollari. Il regista dice di aver trovato il film pronto da girare, con il cast fatto e la sceneggiatura già stesa da un ragazzo amico di Donald Heywood, drammaturgo e attore poliedrico e di essere stato l'unico creativo della troupe di razza bianca. Comunque sia, Moon over Harlem, con il suo punto di vista "negro" sulle vicende di un piccolo gangster in combutta con mafiosi bianchi e del giovane attivista che intende ripulire il quartiere e riscattare i fratelli, con le sue ampie sequenze documentariste nei locali notturni del ghetto-jazz di Harlem e con la sua sincera presa di posizione solidale, ma non paternalistica, e rispettosa nei confronti della comunità afro-americana, è un film che anticipa di almeno 30 anni la storia del cinema e, allo stesso tempo, pone Edgar G. Ulmer definitivamente fuori dal mainstream cinematografico, poco prima dal suo rientro ad Hollywood.
Ma lo status di outcast della grande industria del cinema è anche una precisa scelta di libertà: Edgar G. Ulmer si vanta con Peter Bogdanovich di aver rifiutato di dirigere 2 film con Shirley Temple, invitato direttamente dal patron della 20th Century Fox, dopo Green Fields, così come dice di essere l'unico su cui non è mai riuscito a mettere le mani il suo amico Louis B. Meyer della MGM, perchè lui voleva rimanere libero e "non finire nel tritacarne di Hollywood."
Per questo motivo, nel 1942, accetta di tornare ad Hollywood quando l'amico Seymour Nebenzal, "forse il miglior produttore d'Europa [] il David Selznig europeo", transfugo dalla MGM, comincia a produrre i suoi film indipendenti. Per vicissitudini rocambolesche, questo ritorno porterà Ulmer a prendersi in carico il futuro della Producers Releasing Corporations - PRC. Adesso la deviazione porta dritto sulla Poverty Row di Hollywood...
Dopo aver avuto, insieme all'amico Nebenzal, una controversia con la MGM per questioni legate alla sceneggiatura di un progetto di quest'ultimo, di cui la major si era scorrettamente appropriata, sfruttando il loro lavoro senza garantire alcun compenso ne credit (Ulmer dice che lui e Nebezal abbiano preteso solo un dollaro simbolico di risarcimento dallo Studio, in nome dell'esplicito disprezzo nei confronti di quel sistema), Ulmer produce e dirige con lui per la PRC diverse pellicole che vanno dal noir alla commedia musicale.
D'ora in poi il destino del cineasta austriaco sarà legato allo studio sulla Poverty Row e, come lui stesso dichiara, quegli uffici diventeranno la sua casa. Inoltre, dopo l'esperienza newyorkese, ritrovarsi a lavorare di nuovo per uno Studio, in teatri di posa, con una troupe "vera", con uno staff produttivo che, sebben low cost, organizza il lavoro, è come una boccata d'aria fresca e salvifica per il "regista delle minoranze".
Di questo periodo, infatti, sono i film più riusciti e conosciuti di Edgar G. Ulmer: Bluebeard - La follia di Barbablù del 1944, Strange illusion - Sangue nel sogno del 1945 e, il culto per eccellenza, Detour - Deviazione per l'inferno del 1945.
La sensazione che si ha, rivendendo oggi queste pellicole, è quella di un certo straniamento; è come se i film realizzati in questo periodo riprendessero il discorso lasciato in sospeso con The Black Cat, ma allo stesso tempo aggiungessero un surplus di visionarietà. Il motivo di questa sensazione è da ricercarsi, a mio avviso, da una parte nella ritrovata indipendenza artistica del regista austriaco che, finalmente libero da committenti troppo costrittivi, libera nuovamente il gusto sperimentale ed espressionista, dall'altra nella ristrettezza dei mezzi produttivi insieme alla necessità della estrema velocità e snellezza di realizzazione.
Non siamo immersi nelle barocche scenografie simboliste di The Black Cat, ma allo stesso modo, quella strisciante sensazione di perversione maligna serpeggia nelle vie di una Parigi dipinta sui fondali in Bluebeard, così come il volto di John Carradine assume su di se tutta la psicologia deviante del personaggio, come fece Boris Karloff ma anche Peter Lorre in M (alla cui realizzaione Ulmer dichiara di aver collaborato); la nebbia del sogno di Strange Illusion permea di se la visione dell'incidente palesemente realizzato con modellini che, invece di rovinare l'atmosfera ne accentuano la caratteristica surreale-onirica e, anzi, sembrano prefigurare i meccanismi distorti dall'ossessione della mente di Paul; che dire poi di Detour, un intero film risolto con un lungo flashback (di cui si ricorderà molto bene Billy Wilder per il suo capolavoro Sunset Boulevard del 1950) e dunque un film che è un ricordo, ricostruito per noi dal racconto in prima persona del protagonista assassino!
Il western Fratelli messicani - Naked Dawn del 1955 è uno dei rari esempi di pellicola a colori diretta dal Re della Poverty Row. Dramma di frontiera, film complesso e coraggioso in anticipo sui tempi; una storia d'amore tra outsider in bilico tra volontà di riscatto e necessità di certezze e stabilità, al confine con il Messico. Il genere è un pretesto per narrare una storia di confine appunto, confine tra legge e crimine, virtù e passione, cinismo e umanità, futuro e tradizione, vita e morte. Come al solito girato al fotofinish in soli dieci giorni (tantissimi per gli standard ulmeriani!), Naked Dawn è un film troppo in anticipo per il suo tempo, ma che, scampato all'oblio, ancora oggi è qui a testimoniare il talento di un uomo che, nonostante tutto e tutti, è stato l'unico regista ad essere stato bandito da Hollywood non per motivi politici, ma per l'amore della sua vita, e che ha avuto il coraggio di chiedere "l'assoluzione per tutte le cose che mi è toccato di fare per i soldi"; il Dottor SINema ti assolve, caro maestro EDGAR G. ULMER!!
Edgar and Shirley Photo courtesy of KINO INTERNATIONAL |
Green fields, 1937 |
Dopo aver realizzato Natalka, the girl from Poltavia, che, dopo la visione dei primi disastrosi giornalieri diretti dal produttore-factotum Mr. Bulgakov, Ulmer dirige da solo per intero e, insieme alla moglie Shirley, conduce in porto la produzione, il regista ungherese diventa l'eroe delle minoranze etniche di New York e immediatamente viene ingaggiato per girare alcuni film per la comunità Yiddish (Green fields 1937, The singing blacksmith 1938, The light ahead 1939 e American Matchmaker 1940).
Hollywood Blvd and Franklin Ave - Hollywood, Los Angeles CA |
Tanto importanti che il nome di Edgar G. Ulmer circola ai piani alti e la moglie del presidente Theodore Roosvelt lo contatta per proporgli di dirigere un film educativo contro la diffusione della tubercolosi, per conto della National Tuberculosis Association, da lei sostenuta.
THE MAN OFF-SCREEN - Photo courtesy of KINO INTERNATIONAL www.kino.com |
Moon over Harlem, Meteor Productions & Million Dollar Pictures (!!!) 1939 |
Ma lo status di outcast della grande industria del cinema è anche una precisa scelta di libertà: Edgar G. Ulmer si vanta con Peter Bogdanovich di aver rifiutato di dirigere 2 film con Shirley Temple, invitato direttamente dal patron della 20th Century Fox, dopo Green Fields, così come dice di essere l'unico su cui non è mai riuscito a mettere le mani il suo amico Louis B. Meyer della MGM, perchè lui voleva rimanere libero e "non finire nel tritacarne di Hollywood."
Per questo motivo, nel 1942, accetta di tornare ad Hollywood quando l'amico Seymour Nebenzal, "forse il miglior produttore d'Europa [] il David Selznig europeo", transfugo dalla MGM, comincia a produrre i suoi film indipendenti. Per vicissitudini rocambolesche, questo ritorno porterà Ulmer a prendersi in carico il futuro della Producers Releasing Corporations - PRC. Adesso la deviazione porta dritto sulla Poverty Row di Hollywood...
Edgar and Bela relaxing during The Black Cat's shooting session - photo courtesy of KINO INTERNATIONAL |
PRC Studios main entrance - 1942 Hollywood CA |
Di questo periodo, infatti, sono i film più riusciti e conosciuti di Edgar G. Ulmer: Bluebeard - La follia di Barbablù del 1944, Strange illusion - Sangue nel sogno del 1945 e, il culto per eccellenza, Detour - Deviazione per l'inferno del 1945.
La sensazione che si ha, rivendendo oggi queste pellicole, è quella di un certo straniamento; è come se i film realizzati in questo periodo riprendessero il discorso lasciato in sospeso con The Black Cat, ma allo stesso tempo aggiungessero un surplus di visionarietà. Il motivo di questa sensazione è da ricercarsi, a mio avviso, da una parte nella ritrovata indipendenza artistica del regista austriaco che, finalmente libero da committenti troppo costrittivi, libera nuovamente il gusto sperimentale ed espressionista, dall'altra nella ristrettezza dei mezzi produttivi insieme alla necessità della estrema velocità e snellezza di realizzazione.
Jimmy Lydon - Strange Illusion, 1945 |
Anne Savage - Detour, 1945 |
Rimanendo di fatto il factotum della PRC, Ulmer dirigerà nel 1946 un film prodotto da Hedy Lamarr e distribuito dalla United Artist, Strange Woman. La diva della MGM, viennese di nascita, sceglie il regista di Detour per farsi dirigere in questo film che lei stessa vuole, per dimostrare al mondo il suo talento di attirce, fino a quel momento, a suo dire, limitato in ruoli stereotipati da bambola di carne.
Edgar G. Ulmer with Hedy Lamarr on the set of Strange Woman, 1946 |
Il risultato è un gioiello a metà strada tra noir e un romanzo di John Steinbeck, fotografato in un bianco e nero che tanto ricorda il periodo gotico vittoriano (mi viene in mente l'Orgoglio degli Amberson di Orson Welles per farvi capire) più che le umide strade nebbiose del noir classico. Dopo averlo visto non può non venir da pensare a che cosa avrebbe potuto realizzare Edgar G. Ulmer se fosse stato alla RKO, come Orson Welles appunto!
A dimostrazione della legittimità di questo interrogativo, nel 1948 esce nelle sale Ruthless - Il dominatore di Wall Street, da molti definito il "Quarto Potere del B-movie"; stavolta la distribuzione è Eagle-Lion. Ulmer non tornerà mai a dirigere per un grande Studio e questo film è l'ultimo che realizzerà con alle spalle un certo sostegno economico.
Questo non vuol certo dire che la carriera del King of the B's sia finita, anzi, come sempre è accaduto nel corso del nostro racconto, siamo di fronte ad una ennesima deviazione. Una nuova svolta aspetta la vita artistica di Edgar G. Ulmer che, dopo la parentesi del monumentale progetto dedicato alla musica sinfonica (vera grande passione del regista austriaco) Carnagie Hall, recentemente restaurato in DVD nella versione integrale di oltre 140 minuti, parte per l'Italia per girare il primo di una serie di tre film in collaborazione con gli artigiani del paese che ospita l'incarnazione terrestre del vostro caro Dr. SINema: I pirati di Capri, pellicola di genere, impreziosita, tra le altre cose, dalla colonna sonora diretta dal premio Oscar Nino Rota. Ulmer con la moglie Shirley e la figlia dodicenne Arianne viene in Italia per un viaggio a metà tra vacanza e lavoro e gira questo film d'avventura a bordo dello splendido veliero, nave scuola della Marina Militare Italiana, Amerigo Vespucci.
A dimostrazione della legittimità di questo interrogativo, nel 1948 esce nelle sale Ruthless - Il dominatore di Wall Street, da molti definito il "Quarto Potere del B-movie"; stavolta la distribuzione è Eagle-Lion. Ulmer non tornerà mai a dirigere per un grande Studio e questo film è l'ultimo che realizzerà con alle spalle un certo sostegno economico.
Questo non vuol certo dire che la carriera del King of the B's sia finita, anzi, come sempre è accaduto nel corso del nostro racconto, siamo di fronte ad una ennesima deviazione. Una nuova svolta aspetta la vita artistica di Edgar G. Ulmer che, dopo la parentesi del monumentale progetto dedicato alla musica sinfonica (vera grande passione del regista austriaco) Carnagie Hall, recentemente restaurato in DVD nella versione integrale di oltre 140 minuti, parte per l'Italia per girare il primo di una serie di tre film in collaborazione con gli artigiani del paese che ospita l'incarnazione terrestre del vostro caro Dr. SINema: I pirati di Capri, pellicola di genere, impreziosita, tra le altre cose, dalla colonna sonora diretta dal premio Oscar Nino Rota. Ulmer con la moglie Shirley e la figlia dodicenne Arianne viene in Italia per un viaggio a metà tra vacanza e lavoro e gira questo film d'avventura a bordo dello splendido veliero, nave scuola della Marina Militare Italiana, Amerigo Vespucci.
The happiest family - Edgar, Arienne and Shirley photo courtesy of KINO INTERNATIONAL www.kino.com |
Dopo la parentesi di Pirates of Capri, il regista torna a Hollywood, finalmente libero da qualsiasi vincolo con Leon Fromkess e la PRC, e inizia una fase decisamente eclettica. Di questo periodo mi preme ricordare quattro film, tre di fantascienza e un western: The man from planet X del 1951, The amazing transparent man del 1960, Beyond the time barrier del 1960 e Naked Dawn - Fratelli messicani del 1955.
Left: The man from planet X - Right: up Beyond the time barrier - down The man from planet X |
La pubblicistica di The man from planet X recita così: il visitatore più bizarro che la terra abbia mai visto! E così è! The man from planet X è un film sospeso, etereo, sognante e minaccioso. Minaccioso, però, da un punto di vista alieno e io capisco benissimo questa posizione!! La minaccia in un primo momento incarnata dall'alieno, incapace di comunicare, si evolve e passa all'essere umano che, nonostante si sia aperto uno spazio comunicativo, preferisce mantenere il paraocchi e eliminare il diverso senza pietà. Un rovesciamento di ruoli che, anni in anticipo sul boom del cinema di fantascienza classico (1955-57), pone di nuovo Edgar G. Ulmer in una posizione estremamente avanzata e pionieristica. Con The amazing transparent man, invece, Ulmer approccia, sebben in un contesto assolutamente da b-movie ingenuo per drive-in di provincia, il tema della minaccia militarista e della necessità di controllare i piani deliranti dei capi degli eserciti. Sicuramente il film più ambizioso di questo momento sci-fi del regista austriaco è Beyond the time barrier, metafora filosofica sul concetto di tempo e memoria, condita con la visione di un mondo post-apocalisse abitato da esseri sterili...un film che non mi vergogno ad assimilare alla Jetee dell'immenso Chris Marker.
Betta St. John - Naked Dawn, 1955 |
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